Milano, 9 feb. (AdnKronos Salute) – “”In generale c’è un allarme lanciato da qualche anno rispetto alla capacità che il mercato del lavoro nell’ambito delle farmacie ha di assorbire i laureati preparati dalle università. C’è un saldo negativo importante che rischia di spingere la disoccupazione a livelli preoccupanti””. Sono i timori espressi dal senatore Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi) che lancia un monito: “”Attenzione””, il mondo dei farmacisti “”non è più un’isola felice, c’è un monte di personale non occupato che si accumula negli anni””. Parallelamente, la precarietà lavorativa fra gli under 40 sta diventando più frequente, sottolinea all’AdnKronos Salute. Con il rischio di derive, come quella testimoniata, fa notare Mandelli, “”dall’episodio del giovane farmacista retribuito attraverso i voucher, che si vede prolungare l’incarico ogni 20 giorni. Un esempio tragicamente perfetto delle contraddizioni della nostra sanità e, in generale, del nostro paese. La sua denuncia deve essere presa come paradigma per un’azione che deve diventare più incisiva. E’ ovvio che in questo caso siamo di fronte a un dato che deriva da una sbagliata applicazione del voucher, che può servire per sanare situazioni di lavoro saltuarie ma non può essere lo sbocco per una persona che si è laureata e ha conseguito l’abilitazione professionale con l’esame di stato. Questo è un uso distorto, derivante dal flop del Jobs Act, che non sta creando soluzioni ma illusioni””. Difficile inquadrare gli esatti contorni del fenomeno precariato in farmacia. Secondo dati diffusi nel 2016 dalla Fofi i farmacisti attivi iscritti all’Ordine sono 92 mila e “”non tutti possono contare su una titolarità di farmacia o parafarmacia””. Molti lavorano come collaboratori, oppure in ospedale, nelle Asl o nelle aziende del farmaco. E anche i trattamenti economici sono molto differenziati. La Fofi rileva per esempio che “”un farmacista collaboratore di farmacia guadagna mediamente circa 1.300 euro al mese””. Stesso discorso per le tutele contrattuali, non uguali per tutti. Uno dei fenomeni segnalati come in crescita è appunto il ricorso a forme di “”lavoro flessibile, se non del tutto precarie””. “”Da anni – incalza Mandelli – chiediamo che venga introdotto il numero chiuso”” nei corsi di laurea in Farmacia, che ci sia “”una migliore gestione del numero programmato nei corsi di laurea e delle sedi universitarie, per evitare di illudere futuri colleghi che dopo un percorso di studi impegnativo arrivano in maniera frustrante a non trovare uno sbocco””. La Fofi ricorda alcuni dati emersi nell’ambito dell’iniziativa ‘Joint Action Health Workforce Planning and Forecasting’ promossa dalla Commissione europea con la partecipazione del ministero della Salute: a fronte di un fabbisogno occupazionale di circa 1.500 unità l’anno, si registrano circa 4.700 nuovi laureati in Farmacia di cui 4 mila si iscrivono all’albo. Secondo queste valutazioni, “”da qui a 20 anni in Italia ci saranno almeno 50 mila nuovi disoccupati che si aggiungono ai quasi 13 mila farmacisti già oggi in cerca”” di lavoro, per un totale che arriverà quindi a quota 63 mila. In Italia, riflette Mandelli, “”non si investe in sanità e soprattutto non si dà modo di investire nei professionisti che con la loro opera possono garantire il rendimento di quanto si spende nella tutela della salute. La farmacia dei servizi e delle prestazioni professionali, divenuta legge dello Stato nel 2009, è ancora lettera morta. Occorre finalmente attivare questo nuovo modello di servizio farmaceutico, consentendo alle farmacie di assumere, di investire nel personale e di conseguenza garantire anche al servizio sanitario, come dimostrato dai nostri studi, significativi risparmi””. Se un precario come il giovane farmacista retribuito con i voucher sceglie di lasciare l’Italia per l’estero, conclude il presidente della Fofi, “”avremo perso un professionista la cui preparazione è costata a lui e alla sua famiglia, ma anche alla collettività””. Senza interventi, “”l’aumento della disoccupazione e il peggioramento delle condizioni di lavoro proseguirà la sua corsa. Non è attraverso una sempre maggiore flessibilità, ormai la regola in tutto il servizio sanitario, che si possono mantenere livelli adeguati di assistenza. Mi pare giunto il momento di applicare soluzioni che agiscano sulla struttura reale delle difficoltà della sanità italiana””.